Wednesday, October 21, 2009


PowerItalia (21 maggio 2009)

Forse è difficile capirla, dall'interno, ma vista da fuori l'Italia ha perfettamente senso. Purtroppo. Si notano innumerevoli parallelismi tra storia e altre "democrazie", parallelismi a cui in suolo patrio ormai non si può nemmeno più accennare, perchè fa così "sinistra sempre contro", "espressione della gente che sa solo odiare", o addirittura, per dirla con i recenti profeti della finta innovazione (cambiare tutto per non cambiare nulla), "cattivi maestri". Ma invece è sbagliato smettere di ripetere ciò che è ovvio e sotto gli occhi di tutti. Così ovvio che, appunto, suona quasi stupido a leggersi. L'Italia rischia il fascismo. Rischia di tornare indietro di molti anni, e anche con le ovvie differenze socio-culturali indotte dal progresso, sarebbe (non uso "sarà", per ottimismo) alla fine molto simile al fascismo precedente.
Al contempo, ci sono esempi in giro per il mondo che offrono sconcertanti similitudini. E ciò a cui hanno portato dovrebbe far suonare, in Italia, potenti campanelli d'allarme.

Un esempio: le inaspettate posizioni progressiste, garantiste e libertarie di Fini. Come mai non è mai stato in grado di esternare le sue idee (frutto di una lunga e - si suppone - dolorosa maturazione politica) durante la sua lunga leadership di AN? Semplice: aveva bisogno di voti e doveva sottostare alle rigide regole del partito principale, ovvero il partito di Berlusconi, ovvero il progettato "partito unico italiano".
Ora, protetto dalla carica istituzionale, e sepolta AN nella coltre transpartitica del PdL, Fini può finalmente concedersi (qualche volta) di dire ciò che in realtà pensa da tempo. Ma la realtà è che Fini può farlo solo perchè è temporaneamente fuori gioco. Se un giorno tornasse a sognare la successione al padrone, dovrebbe nuovamente soffocare la voglia di dire la sua, la tentazione di essere sincero.

Il fatto di essere rappresentati da un primo ministro indagato, indirettamente giudicato colpevole, lasciato dalla moglie che lo dichiara malato e vittima di un delirio di onnipotenza (nonchè pedofilo, tra le righe), antipatico al mondo per le sue continue sortite comico-grottesche, e che nonostante tutto questo, grazie al suo enorme conflitto di interessi, riesce a controllare le grandi mandrie di italiani sciocchi, ignoranti ed egoisti ed il loro voto... beh, questo non lascia speranze. Più avanza la caduta del lìder maximo nella spirale di autocelebrazione e di illusione di onnipotenza, più gli italiani votano e ammirano. Berlusconi rappresenta davvero il sogno italiano, è l'incarnazione di ciò che l'italiano medio vuole veramente essere. L'imprenditore vincente, che arriva al top senza farsi troppi problemi etico-morali, e che lo fa col sorrisetto falso di chi può permettersi tutto quello che vuole. Il sorrisetto di chi, braccio appoggiato al finestrino aperto, si lascia ammirare all'interno della sua supercar. Il furbetto del quartierino diventato premierino dell'Italietta.
Riflette meccanismi comportamentali ormai rodati.
Se puoi diventare ricco, ma per farlo devi occasionalmente fare cose, diciamo, illegali, cosa c'è di male? Lo fanno tutti, no?
Io non lo faccio.
Se poi capita di aver a che fare con la mafia, meglio assecondarli un po', no? Che sono pericolosi quelli, e comunque non sono dei nostri, che si arrangino tra di loro. Ah... e i morti, i ricattati, i soldi che arrivano a loro tramite le tue operazioni e che infine si allargano a tutto il resto delle LORO operazioni?
Io non lo farei.
Se ti viene offerto un ministero in cambio di prestazioni sessuali... eh... chi direbbe di no?
Io direi di no.
Ma siamo sicuri che chi vota Berlusconi farebbe tutte queste cose? Perchè giustificarlo sempre? Ve lo dico io: perchè c'è un equivoco.
L'italiano medio si sente, giustamente, in colpa. Ha la coscienza sporca. Ha fatto qualche marachella. Non ha pagato tutte le tasse. Non ha rispettato la coda. Ha bevuto un po' troppo ed ha guidato ubriaco. Ha allungato la mazzetta per accaparrarsi quell'ordine che avrebbe salvato la propria azienda. L'italiano medio non ha mai ammazzato nessuno, nè ha dato soldi a chi sapeva li avrebbe usati per farlo. Non ha mai accettato compromessi troppo sporchi. Ha solo arrotondato le cifre, ha solo fatto quello che gli conveniva, a spese altrui, a patto che le spese altrui non fossero troppo alte. Si sente in colpa per questo, ed è giusto che sia così, perchè ha la coscienza sporca. Avere di fronte qualcuno che ha la coscienza pulita lo mette in imbarazzo, lo fa sentire ancora più sporco. Non gli piace. Ma si guarda intorno e vede che anche gli altri si sentono come lui. Anzi, di certo quella marmaglia la deve aver fatta ancor più grossa. Di certo lui è solo un pesce piccolo, un principiante, ma gli altri...
Lui l'ha data la mazzetta, ma qualcun altro più ricco e potente di lui l'ha accettata. La colpa in fondo è dell'altro.
Alla fine, ok, forse la Carfagna non era proprio la più adatta per quel ministero. Però è bella. Anche l'italiano imprenditore medio ha assunto la segretaria perchè era bella. Anche se l'altra, un po' più bassa e con quel naso un po' grandino parlava inglese perfettamente. Anche perchè era laureata, al contrario di questa. Diciamocelo: brutta non era, ma insomma... neanche bella. Tette piatte, gambe corte e un po' di cellulite. Gran carattere, molto cordiale, ma certo questa qua, alta bionda, tettona, culo perfetto fa fare una certa figura alle riunioni. Ecco, forse la Carfagna è un po' come la segretaria alta. E poi ci sta, proprio come lei.
E' uno schifo, insomma, tutto uno schifo, e in fondo non c'è modo di cambiare le cose. Meglio allora avere qualcuno al comando che sa come girano gli affari. Meglio uno che abbia già le mani sporche, che almeno quando fa le leggi già sa che non verranno rispettate. Meglio uno che comanda, certo, ma non è meglio di te. Anzi, è molto peggio. E' uno schifo, ma in fondo tutto è uno schifo, e allora meglio che chi comanda faccia schifo anche lui, che almeno ci si trova a proprio agio, tra l'immondizia.
Lo sporco si annida negli angoli, ma se non si è pronti a rimuoverlo, si espande. Ad esso si aggiungono i funghi e le muffe. Poi gli insetti. Porta malattie. A un certo punto ti si attacca addosso e non lo rimuovi più, anche perchè ormai ti ci sei abituato. Lo sporco non perdona: puzza e tutti lo notano, anche quando chiudono gli occhi. A patto che siano puliti, perchè quando non lo sono, a occhi chiusi allora non ci si capisce più nulla. Si è tutti sporchi a quel punto, e la puzza si confonde.

Il lerciume della maleducazione ormai sono ovunque. Un uomo volgare e maleducato come Ghedini può permettersi di dire menzogne sbraitando in TV. La prassi dei politici "forzisti" (termine ormai in disuso, ma al quale io sono affezionato) è usare la tecnica della sovrastazione. Parlare sempre, parlare sopra gli altri, coprire tutto con una logorrea incontenibile, rumorosa, becera. Verbalità nefasta ed inutile in tutto e per tutto, tranne che per l'intrinseca capacità di rendere il dialogo impossibile, e di imporsi sul resto, lasciando l'ascoltatore in uno stato di confusione. L'ascoltatore che poi cambierà canale e tornerà alla meno impegnativa partita di calcio. Verbalità cattiva che non porta contenuti, ma serve a cancellare quelli della verbalità altrui.
Mi capitò qualche mese fa di discutere di politica con un giovane - ventunenne - sostenitore di Berlusconi. Persona acculturata, il ragazzo stava svolgendo una piccola parte dei suoi studi presso la migliore università pubblica qua in Thailandia. Nonappena si trovò in disaccordo con le opinioni degli altri due ragazzi italiani suoi coetanei, scattò il metodo forzaitalia. Voce alta, linguaggio aggressivo, e via a coprire inesorabilmente i discorsi e le argomentazioni altrui. La cosa più sconcertante fu notare l'assenza di sorpresa o di sdegno da parte degli altri due. Come se fosse normale, come se fosse accettabile essere neutralizzati dall'approccio ignorante della legge del più forte. Alla fine, quindi, è soprattutto una questione di maleducazione, di de-educazione. Una volta c'erano il manganello e l'olio di ricino, ora c'è il dibattito televisivo, così violento ed onnipresente da ottenere effetti ben più incisivi dei vecchi metodi. Effetti psicologici permanenti, virus dialettici che si autoinstallano nel cervello, attivando processi senza via di ritorno, disattivando facoltà intellettuali un tempo imprescindibili.
Tutto ciò funziona secondo una regola universale che porta ad un risultato finale preciso. E sicuro. Nella legge del più forte, il più forte di tutti vince sempre, comanda e fa le leggi.
Il più forte può permettersi di ritenere i verdetti della magistratura indegni e privi di valore. Il più forte può etichettare come comunisti persone che hanno combattuto per un mondo libero dai regimi autoritari, comunismo incluso. Il più forte può arrogarsi il diritto di delegittimare le funzioni istituzionali del parlamento, organo fondamentale, per antonomasia, della repubblica parlamentare.
Può scherzare e minimizzare sul ruolo del fascismo.
Può portare in parlamento elementi corrotti, censurati, mafiosi, veline, starlette e intrattenitori.
Ma tutto va bene, perchè alla fine, riconosciamolo, l'Italia si merita questo e nient'altro.
Un'Italia che si era convinta che il capitalismo trainante del Nord potesse per omeopatia trasferire democrazia e giustizia al Sud, e che poi decenni dopo si è ritrovata con la mafia al Nord, ormai strutturalmente così inserita da influenzare perfino i comportamenti di chi con la mafia non ha mai avuto nulla a che fare.
Un'Italia che si rifiuta categoricamente di accettare la vita di un'ordinaria democrazia, e dove un governo può tranquillamente cadere per l'unico motivo di aver cercato, incredibilmente, di far pagare le tasse. E dove il primo ministro può arrivare al punto di invitare - trasverasalmente, indirettamente, ma in pubblico - la gente a non pagare le tasse, a non prendere sul serio uno stato che impone una tassazione media del 46%. Un discorso che potrebbe di sicuro avere un senso in uno stato dove la moralità imponesse di pagarle, le tasse, ma di certo non nello stato europeo con la più alta percentuale di evasori di ogni tipo: marginali, parziali e totali. Dove un solo biennio di dura imposizione delle regole fiscali genererebbe un tale gettito da poter permettere alla struttura statale di cominciare subito il tanto atteso evento del taglio delle imposte. Cosa che - si sa, ma quasi mai si ammette - può essere fatta solo quando il debito pubblico non eccede il prodotto interno lordo. Quest'equazione era stata raggiunta dopo soli pochi mesi di giusta politica pro-tasse, ma si è ben presto sgretolata col ritorno dei profeti dell'evasione. Ora è troppo tardi: l'esperimento è fallito e forse non ci saranno mai più occasioni.

Incredibile è vedere però che dove le cose sono andate peggio per molti anni, la situazione si stia sbloccando in maniera così veloce e radicale. Sto parlando, ovviamente, degli Stati Uniti. Dopo anni di decadenza morale, ecco che si materializzano alcune delle speranze riposte in Obama. Devo ammettere di aver nutrito grandi dubbi sulle possibilità che l'uomo realmente aveva di cambiare uno stato che sembrava essersi cristallizzato su posizioni ormai ai limiti del conservativismo reazionario. Pensavo che fosse umanamente impossibile per un uomo (o un'amministrazione) dover raddrizzare così tanti errori in poco tempo. Ora è decisamente presto per facili bilanci prematuri, ma quanto possiamo vedere è eccitante. Penso all'approccio verso l'arroganza dei grossi gruppi industriali, ma anche la mancanza di accondiscendenza verso i sindacati (che negli Stati Uniti sono pochi, ma quelli che ci sono hanno poteri spropositati, e hanno causato, ad esempio, il crollo dell'industria americana dell'acciaio, pretendendo ed ottenendo da Bush anacronistiche barriere protettive), e le inaspettate e giustissime riforme - chiamamole così - morali. La reintroduzione della ricerca sulle cellule staminali e la legalizzazione delle tecnologie ad essa legate, ultimamente addirittura i nuovi regolamenti di Hillary Clinton che obbligano a considerare i partner dei diplomatici omosessuali alla pari di quelli etero. Pare voglia perfino introdurre regole di questo tono all'interno dell'esercito.
Ora, per molti l'atteggiamento dell'amministrazione Obama nei confronti delle (proprie) multinazionali potrebbe suonare sospetto, o magari ipocrita (ma come, tutti sanno che i presidenti americani non hanno speranze di essere eletti, se non con il supporto dei grossi agglomerati e delle lobby), però io mi permetto di avanzare delle teorie un po' diverse anche sulla natura della crisi economica in sè.
Per molti il permissivismo dell'amministrazione Bush in termini di politiche bancarie (sub-prime e "prodotti" vari - come se dei pacchetti bancari potessero essere considerati "prodotti") è una colpa incomprensibile nella propria gravità. Posso essere d'accordo nel definire imperdonabili tali politiche. Ma la colpa non è affatto incomprensibile. Non credo nemmeno si tratti di errori. Si trattava di salvare l'economia americana. O per lo meno di rallentarne il degrado. I prodotti poi rivelatisi "tossici" hanno permesso per anni di far girare un'economia ormai basata sul nulla. Hanno fatto circolare denaro e prodotto capitali ed interessi immaginari, che però hanno per qualche tempo iniettato fiducia in un mercato ormai esausto ma ancora esigente e spendaccione. In tal senso, e solo in quello, va interpretata - e non giustificata - la politica Bush. In tale ottica, inoltre, va anche riclassificato l'intero processo di terrorizzazione della popolazione. Terrorismo e guerre preventive hanno fatto girare l'economia e generato posti di lavoro. Odiosa ed incondivisible, la politica Bush ha potuto fare ciò che Obama non avrebbe nemmeno osato immaginare in un contesto storico simile. Non dimentichiamo che anche Clinton continuò imperterrito a bombardare periodicamente l'Iraq, nel silenzio generale della stampa internazionale. Non è assolutamente mia intenzione giustificare o sottoscrivere tutto questo (George W. Bush Jr. è forse il peggior presidente che l'America abbia mai avuto), ma è bene che, tra tanti buonismi e tautologie, non si dimentichi che sono le regole del mercato a dettare le politiche, e non il contrario. Quantomeno è così nello scenario, ormai quasi mondiale, degli stati capitalisti, inclusi quelli che eroicamente si ostinano a mantenere un apparato di welfare state. Potessimo prendere da loro, ci piace sperare che ci sia ancora qualcosa da salvare. Il realismo ci costringe però ancora una volta ad ammettere che, senza l'ausilio del rinnovato credito creato dai titoli tossici, forse nemmeno i welfare state sarebbero sopravvissuti.

Ma l'Italia, che ha partecipato attivamente a tutte le guerre "preventive" e che si è vantata di essere quasi estranea ai meccanismi che hanno portato alla recessione mondiale, ha subito la crisi in maniera forse ancor più profonda (e duratura, come possiamo giudicare ora) rispetto agli altri paesi ad economia avanzata. Ma agli italiani pare andar bene così.
... e gli unici che si rivoltano contro Berlusconi sono i tifosi del Milan, che, arrabbiati, lo incitano a spendere di più. Questo è il massimo grado di protesta che ci si può aspettare dagli italiani dei nostri giorni. Non importa quanta corruzione, materiale e morale, ci sia nella classe politica e quali perverse logiche dominino il mondo degli affari. Ciò che conta è il calcio, la televisione. Panem et circenses.
In uno stato dove usare il cervello, o anche solo lasciar intendere di averne uno, è considerato un atto pretenzioso, una dimostrazione di appartenenza ad una classe intellettuale sinistrorsa ormai desueta, non conta come si raggiunge un risultato, ma solo quanto grosso esso sia, e quanta ricchezza materiale comporti. In questa ottica, al tifoso del Milan non interessa come Berlusconi possa continuare ad ammassare ricchezze, come le gestisca e come queste siano difficilmente conciliabili col suo ruolo istituzionale, a patto che il suo patrimonio possa (e debba) essere speso per arricchire la rosa di campioni della loro squadra del cuore. Contano le vittorie del Milan, non lo stato sociale, non i diritti dei lavoratori. Il Milan.
Si tratta di un popolo infantile, e ciò fa comodo a chi lo deve governare. Ad un popolo infantile si riserva il trattamento che si dà ai bambini. Ad un bambino interessa poco che lavoro faccia il papi, ma vuole ricevere regali, vuole mangiare, vuole che i suoi capricci vengano ascoltati, accontentati. Più ciò succede, più aumenteranno i capricci. E così abbiamo un Partito dei Pensionati che si schiera con lo stesso centro-destra paladino dei tagli alle pensioni. Come mai? Semplice: un pensionato già ce l'ha, la pensione. Chissenefrega se ai prossimi non arriverà mai, l'importante è che una pensione resti a loro, arricchita, se possibile, da vari benefit e vantaggi, sgravi, amenità varie. Schierandosi in tal modo, compiono un atto di estremo egoismo, ripudiando gli ideali di welfare state per i quali forse alcuni di loro si erano addirittura battuti, ma con una sola cosa in testa: il tornaconto personale. Ora i figli ed i nipoti si arrangino, non è problema loro.

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